Per l’intervista di Luglio abbiamo scelto un argomento molto particolare: il neuromarketing. Per le nostre domande quindi ci siamo rivolti allo specialista del settore, Andrea Saletti che, ha da poco pubblicato il suo nuovo libro “Neuromarketing e scienze cognitive per vendere di più sul web“!
Ciao Andrea, grazie per aver accettato di rispondere a qualche nostra domanda. Iniziamo subito con la prima!
- Cos’è il neuromarketing e come ti sei appassionato a questo particolare tema?
Il neuromarketing è una disciplina affascinante, semplificando potrei definirlo lo studio scientifico di come il cervello umano reagisce agli stimoli di marketing. Ad oggi è impiegato in svariati ambiti incrociando esperienze sensoriali diverse, nel web (neuro web marketing) l’attenzione è principalmente posta sull’aspetto visivo della comunicazione, dove viene analizzato nel dettaglio come particolari stimoli siano in grado di influenzare ampiamente le azioni di un utente durante la fruizione di un contenuto digitale.
Come mi sono appassionato alla disciplina? Beh, sono sempre stato molto curioso. Ho iniziato nel 2000 come web designer, per poi passare alla SEO, consapevole del fatto che sviluppare un bel sito web è un po’ come costruire una bella casa: può dare soddisfazione, certo, ma se non impariamo a creare delle strade che portino le persone a trovarla finiremo per rimanere soli nella stupenda e inutile dimora che abbiamo creato. Poi ho capito che si può essere i migliori SEO in circolazione, ma l’unica cosa che giustifica l’investimento in visibilità è la conversione, sono due aspetti che vanno di pari passo, nessun imprenditore rinnova una campagna SEO se non ha la chiara percezione che generi un qualche ritorno economico.
Ecco che allora, forte del mio percorso universitario in comunicazione e al mio interesse per la psicologia, ho iniziato ad approfondire sempre più lo studio di neuroscienze, psicologia dei consumi e meccanismi cognitivi umani. Si parla di più di 10 anni fa e da allora non ho più smesso di sperimentare.
- In che modo il neuromarketing ha cambiato il modo tradizionale di fare marketing?
I dati che una sessione di neuromarketing può fornirti in termini di miglioramento delle vendite sono preziosissimi.
Nella maggioranza dei casi infatti, i dati a disposizione di chi si occupa di ottimizzazione della conversione si basano solamente sulla registrazione di tracce lasciate dagli utenti durante la loro navigazione. L’insieme di queste tracce, se apparentemente correlate, permette di ipotizzare una causa, un po’ come gli indizi individuati sulla scena di un crimine aiutano un detective a ricostruire dinamiche e moventi di un delitto.
Per capirci meglio mi riferisco a 2 grandi famiglie di strumenti in grado di fornire questo servizio: quelli di analisi dati di navigazione/statistiche e quelli di analisi di dati comportamentali.
Tra i primi il più diffuso è sicuramente Google Analytics (che do per scontato sia già presente sul tuo sito, configurato a dovere). Grazie a Google Analytics è possibile ottenere tantissime informazioni sui tuoi utenti: cosa hanno visto, con cosa hanno interagito, cosa hanno scaricato, cosa hanno comprato, cosa hanno preferito tra le opzioni disponibili, cosa amano e che tipi di abitudini hanno, etc…
Gli strumenti di analisi navigazione/statistiche rispondono alla domanda “cosa?” e mettono il marketer davanti al fatto compiuto: deve immaginare correlazioni e in base a queste ipotizzare il come e il perché del comportamento degli utenti.
Tra gli strumenti di analisi comportamentale invece il più noto è probabilmente Hotjar. Hotjar permette di registrare video delle sessioni di navigazione dei tuoi utenti, di generare mappe di calore che indicano le aree con più interazioni delle pagine, quanto gli utenti scorrono verso il basso, i movimenti del mouse.
Ti consente di impostare sondaggi di opinione, monitorare i campi dei tuoi form, proporre test di usabilità ai visitatori.
Se uniti ai dati di Analytics, quelli di Hotjar diventano utilissimi perché sono in grado di rispondere alla domanda “come?” e limitano le possibili imprecisioni creative del marketer: conosce il cosa, è certo del come, deve solo ipotizzare il perché.
E qui entra in gioco il neuromarketing.
Immagina arrivato a questo punto di poter misurare i micro momenti emotivi vissuti dai tuoi utenti durante la loro esperienza d’acquisto, associati contemporaneamente alla registrazione delle aree di schermo su cui i loro sguardi sono focalizzati. Questo è ciò che il neuromarketing consente di fare: il neuromarketing risponde alla domanda “perché?” e di fatto rende la precisione dell’analisi più scientifica possibile. Al marketer vengono richieste esperienza e un minimo di buon senso nell’interpretare le informazioni raccolte, ma non ha più bisogno di ipotizzare: conosce chiaramente il cosa, il come e il perché.
- SEO e psicologia: come si incontrano questi mondi?
Chi si occupa di SEO, solitamente, è alle prese con la ricerca delle più efficaci parole chiave e con l’ottimizzazione dei contenuti web (titoli, meta descrizioni, heading, link, immagini, formattazioni) per fare in modo che i motori di ricerca premino quelle pagine posizionandole prima dei concorrenti sulla SERP.
Come puoi immaginare, in un universo di parole chiave, bounce rate, tag e link building, è facile dimenticarsi che il nostro reale obiettivo non è Google, quanto invece l’utente – l’umano – che sta dietro lo schermo. Va compreso che non stiamo facendo la corte agli algoritmi di Google, quanto invece a sedurre i consumatori.
Per riuscire a ottimizzare davvero le nostre pagine online, dunque, dobbiamo imparare a pensare come pensano i consumatori, e iniziare a capire perché questi agiscono in una determinata maniera piuttosto che in un’altra davanti alle nostre offerte. Ed è esattamente qui che si inseriscono il neuromarketing e la psicologia applicata al web.
- Quali sono gli elementi che permettono agli utenti di associare il brand a qualcosa di “positivo”?
Molti consumatori acquistano un brand basandosi sulle emozioni e sulle immagini mentali che la percezione di quel brand evoca in loro. Fare branding, se ci pensi, è fare comunicazione. Comunichiamo idee, concetti, emozioni e informazioni. Questa comunicazione non è diretta, faccia a faccia; è principalmente realizzata attraverso le immagini (visuale), ma anche attraverso altri veicoli sensoriali, come il suono e l’odore. Il problema è che la comunicazione indiretta non porta sempre i risultati desiderati e spesso genera correlazioni inaspettate (e sfortunate) nelle menti dei consumatori. Questo è uno dei più grandi incubi dei creativi e dei marketer. Ecco perché la comunicazione efficace delle informazioni richiede un’attenzione speciale, che parte prima di tutto dalla profonda conoscenza psicologica del proprio pubblico di riferimento, in termini soprattutto culturali, sociali e comportamentali, per poi confluire nella progettazione di informazioni ad esso universalmente comprensibili. Ecco che grazie al neuromarketing puoi scegliere in maniera consapevole le immagini, i testi, la disposizione dei contenuti del tuo progetto, scalandole sulle esatte aspettative del ricevente e determinando in maniera prevedibile associazioni positive nei potenziali clienti.
- Qual è secondo te l’ingrediente fondamentale per creare pagine che “convertono”?
Beh domanda difficile per le poche righe a disposizione, ci ho scritto un libro intero per dettagliare una risposta completa 😃
Ad ogni modo, parlando di concetti chiave, posso dirti che La comunicazione del tuo sito ha 4 responsabilità precise nei confronti del tuo cliente ideale, deve:
- Dimostrare di aver compreso il suo problema o il suo bisogno insoddisfatto.
- Affrontare le sue domande senza risposta (in alcuni casi queste domande nemmeno è consapevole esistano).
- Alleviare le sue paure e ridurre il più possibile i suoi dubbi.
- Renderlo fiducioso che la tua soluzione risolverà proprio il suo specifico problema.
Contemporaneamente la comunicazione del tuo sito ha invece 1 sola responsabilità nei confronti di chi è fuori target:
- Deve fargli capire in pochi secondi che dovrà cercare altrove
- Ci consigli qualche strumento o libro che può aiutarci a capire e fare analisi più approfondite sul comportamento degli utenti?
Prima di tutto ti segnalo l’uscita fresca fresca della seconda edizione del mio libro “Neuromarketing e scienze cognitive per vendere di più sul web” , con il 30% dei contenuti aggiornati e 100 pagine extra di informazioni inedite sull’argomento. Tra gli italiani rimane un must il libro di Luca Orlandini “Landing Page Efficace” , se invece si vuole comprendere in maniera più ampia l’aspetto psicologico della natura umana in ambito decisionale il consiglio va sui grandi classici: “Pensieri lenti e veloci” del Nobel D. Kahneman, “Nudge la spinta gentile” di un altro Nobel, R. Thaler e “Neuromarketing” di M. Lindstrom.
- L’etica nel neuromarketing è un argomento molto dibattuto. Quali sono i principi guida che secondo te dovrebbero guidare chi lavora in questo particolare settore?
Partiamo dal presupposto che la linea di separazione tra ciò che è persuasione e ciò che è manipolazione è molto sottile, tanto che le medesime tecniche comunicative possono essere utilizzate per raggiungere entrambi gli scopi.
La persuasione è la capacità di influenzare il prossimo rispettando il principio Win-Win: vinco io e vince l’altro. Ad esempio è “persuasivo” l’approccio di una donna che si trucca e si veste in modo elegante per comunicare al massimo il suo valore estetico, così come lo è il mio tentativo dell’altra sera di convincere con tutti i mezzi possibili un mio amico ad andare a vedere l’ultimo film degli Avengers, consapevole del fatto che gli sarebbe sicuramente piaciuto. Questi due esempi infatti non sono “manipolazione”: il vantaggio dell’atto di influenza è condiviso tra le 2 parti, si tratta appunto di persuasione (win win).
La manipolazione avviene quando è solo una parte ad ottenere vantaggio, ad esempio mentendo o omettendo informazioni determinanti alla scelta. Nel campo del neuromarketing io, per capire se mi sto muovendo eticamente, mi chiedo sempre “se stessi tentando di influenzare una persona esperta quanto me dell’argomento che sto promuovendo, lei riterrebbe corretto e onesto tutto ciò che sostengo?”
- Come vedi il campo del neuromarketing nel prossimo futuro?
In fortissima crescita, l’interesse per la disciplina è sempre più alto e si continuano a scoprire nuove cose ogni giorno. Allo stesso tempo l’accessibilità alle informazioni teoriche e i costi per inserire in azienda eventuali strumentazioni stanno diventando sempre più sostenibili. Siamo solo all’inizio.
Considera inoltre che in questo momento c’è una grandissima richiesta di analisti in grado di interpretare nel migliore dei modi la quantità enorme di dati che ogni azienda registra dai propri canali digitali, la cosa interessante però è che una volta individuato il problema è anche necessario capire come risolverlo. È qui che interviene il fattore umano e di conseguenza la necessità di affiancare agli analisti degli esperti di psicologia comportamentale e sociale. Il futuro del neuromarketing va verso l’obiettivo di rendere più felici le persone.
Grazie Andrea per aver risposto in maniera così esaustiva alle nostre domande!
Appuntamento ad Agosto per la prossima Be-Intervista.