In 2001: Odissea nello spazio, gli astronauti viaggiano in direzione di Giove e interloquiscono più o meno amabilmente con il supercomputer HAL 9000, concretizzazione della migliore – e peggiore – intelligenza artificiale. Ecco, quanto al progresso previsto, di certo il film di Kubrick è molto ottimista. Nel 2019 non abbiamo navicelle in partenza per Giove e non siamo arrivati ad HAL (ma ci siamo vicini). Però abbiamo iniziato a parlare con i nostri dispositivi elettronici con una certa frequenza. Parliamo soprattutto con i nostri smartphone, rivolgendoci in primis a Google, e lo facciamo sempre di più. Ed è proprio alla ricerca vocale e alle conseguenze che questo fenomeno può avere sulla SEO che vogliamo dedicare questo nuovo articolo. Buona lettura!
Le statistiche sull’utilizzo della ricerca vocale
I consulenti SEO di tutto il mondo guardano con crescente interesse alla ricerca vocale, e non è un caso: il voice first, infatti, può rivoluzionare gran parte del lavoro di chi si occupa di migliorare il posizionamento dei siti web. Ma quante persone utilizzano effettivamente la ricerca vocale? Ebbene, stando a Google, già nel 2014 il 55% dei teenager statunitensi usava quotidianamente la vocal search. Lo stesso Google ha affermato che il 20% delle ricerche effettuate da dispositivo mobile è fatto attraverso voce. Da parte sua, Gartner già nel 2016 profetizzava che, nel 2020, il 30% delle sessioni di ricerca sarà portato a termine senza l’utilizzo dello schermo. Insomma, i dati variano, ma una cosa è certa: la ricerca vocale è tra noi. Ma cosa comporta il voice first questo dal punto di vista della SEO? Cosa cambia?
Voice first: le conseguenze per la SEO
All’esperto SEO non interessa tanto il fatto che gli utenti, anziché digitare delle query, le pronuncino. Non è l’enunciazione a determinare la necessità di nuove strategie. No, il cambiamento sta nelle diverse ‘costruzioni di query‘ usate dagli utenti. In che senso? Ebbene, gli utenti non si approcciano alle ricerche vocali nello stesso modo in cui si approcciano solitamente alle ricerche classiche. Le query diventano infatti più lunghe, più colloquiali, e da un certo punto di vista, più naturali.
Ipotizziamo che tu stia camminando per strada. D’un tratto, un signore ti passa accanto urlando al telefono che ‘è tutta colpa del Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali’. Chissà di cosa stava parlando, e perché era così esasperato! Sta di fatto che tu, d’un tratti, ti accorgi di non ricordare il nome del Ministro, e, spinto dalla curiosità, decidi cercarlo su Google. Ma è freddo, e non hai certo voglia di toglierti i guanti: quale occasione migliore per usare la ricerca vocale? Parlando con il tuo cellulare, però, non chiederai a Google di cercare ‘Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali’ come faresti su una tastiera, no, pronunceresti una frase del tipo ‘Chi è l’attuale il Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali?’ come se ti trovassi a tu per tu con una persona, e non con il tuo smartphone e qualche algoritmo.
Ecco cosa cambia: il solo fatto di ‘parlare’ con il motore di ricerca rende le nostre query più naturali, più articolate, meno ‘robotiche’. Allo stesso modo, per cercare il macellaio più vicino non dirai a Google ‘macellaio Cagliari’ ma chiederai ‘Dove posso trovare un macellaio?’ sapendo che Google – se hai la localizzazione attivata – saprà benissimo dove ti trovi, senza bisogno di specificarlo.
Le ricerche vocali presuppongono dunque un motore di ricerca più partecipe, più informato, più furbo, com’è per l’appunto Google, perlomeno dall’introduzione di Hummingbird in poi: si va oltre la singola parola chiave, e per restituire i migliori risultati si utilizzano le ricerche effettuate in precedenza, la localizzazione, il dispositivo usato e la costruzione stessa della query. La prima e principale risposta dei SEO è quella di non concentrarsi più sulle sole parole chiave secche – e quindi sulle keyword short tail – ma su quelle più conversazionali, come le ormai famose long tail keyword.
Ma attenzione: dove va Google a leggere le informazioni che restituisce all’utente? Ebbene, Google Home e Google Assitant vanno a prendere le risposte dalla posizione zero, ovvero dalle pagine che hanno raggiunto la vetta della SERP attraverso un featured snippet. Non a caso, tra le più grandi sfide per i SEO, ad oggi, ci sono proprio questi speciali snippet.
Prima di fissarsi eccessivamente sulle tecniche di ottimizzazione dei contenuti web per la ricerca vocale, però, bisogna tornare sui propri passi e ricordarsi che, in fin dei conti, il voice first indica in primo luogo ‘l’umanizzazione’ dei motori di ricerca, i quali sono dunque portati ancora di più a premiare i testi scritti non per Google, non per Bing, non per Yahoo!, quanto invece per gli utenti, per le persone. Per far capire al motore di ricerca che i tuoi testi sono effettivamente pronti per le ricerche vocali, dunque, dovresti iniziare – se non l’hai già fatto – a scrivere come se stessi parlando direttamente al tuo pubblico, senza pensare alla densità delle parole chiave e ad altri espedienti artificiosi.
Come prima e più di prima, con la ricerca vocale, i testi devono essere costruiti come altrettante risposte alle domande poste dagli utenti a livello dei motori di ricerca. Non ottimizzare i tuoi testi per una parola chiave, quanto invece per la risposta da dare alla tua audience!